Trittico 2005
"
Fagnano piazza della
chiesa"
"Trevenzuolo teatro
parco"
"Roncolevà piazza della chiesa"
Bassa
campagna Veneta, al limitare fra Verona e Mantova,
piana assolata e cocente, piatta scandita
dai
filari del pioppo, disegnata da fossi irrigui e da bianche strade polverose
nell’afa dell’estate, solcata dal Tartaro dal Tione e dal Mincio,
intervallata dall’acqua delle risaie che la rende umida e
fredda nell’inverno, ma pur
sempre quieta distesa e serena.
Terra animata da gente viva, attiva ed
operosa, ritmata dal quotidiano lavoro dei campi nello
scorrere di giornate che si colorano
nella sera al ritorno dall’agreste con il rosso cupo dei mattoni nelle aie,
quasi a spegnere l’abbacinante giallo del sole, del verde campestre che
hanno dominato nella giornata estiva o rassicurata dal ritrovare
il solido e asciutto suolo del cotto dell’aia di casa, dopo il fangoso e
molliccio fondo dell’itinere invernale.
Colori, sensazioni, materiali e
profumi, gusto e cultura che da sempre sono l’essere di questa terra, che
non può mutare se non con lo scorrere dell’acqua nei fossi nell’inesorabile pialla del tempo e delle intemperie.
Quest’incrociarsi,
nell’estivo delle strade polverose fiancheggiate dalle fresche acque dei
fossi, che divengono tratturi fangosi e gelati d’inverno con l’acqua trasformata
in specchi di ghiaccio e gli alberi in spetrali merletti,
Dove oltre
che sulle vie di
terra battuta e pavimentate col sasso di fiume fra i borghi, la
socialità è da sempre vissuta sulle aie in cotto, nel frammisto affacciarsi
e convivere e dialogare fra la casa padronale, la stalla, la chiesa, la casa del
bracciante e la bottega, in un microcosmo che s’identifica nel mattone nel
sestino o nella pianella.
L'aia, che da sito lavorativo, nel volgere del tempo
quotidiano diventa luogo di danza e convivio o di preghiera con i rosari nel
mese di maggio.
E ancora, terra battuta, ghiaino, cotto e serizzo essenze
della
viabilità, di queste contrade che sull’antica maestra che da Verona porta
a Mantova, disegnano un
triangolo ai cui vertici sono i campanili delle tre chiese di
Trevenzuolo, Roncolevà e Fagnano, regione da dove si scorge all’estremità
nord la montagna, come estremo confine lapideo del cosmo, il cui essere dei
materiali è la terra pressata e cotta, che diventa l’elemento
costruttivo base, assieme al sasso alluvionale, per realizzare quei siti che
l'uomo vive.
Come casa, dove il mattone è muro di spina e pietra d’angolo, il
ciotolo alluvionale alternato al cotto a cui è legato con calce e fango
diventa tamponamento, dove il
legno, le canne o i coppi in cotto sono i tetti e dove s'insinua anche il
cemento nella sua natura sempre di terra, la pozzolana nobilitata dal fuoco,
impastata con l'acqua la sabbia e la ghiaia del fiume ed armata col
forte ferro.
O la
via di terra battuta, dove il sasso
di fiume si nobilita diventando Serizzo negli abitati, dove solo
la Consolare di grande traffico era percorsa da una duplice lasagna di
pietra d’Istria.
E quell'aia
fulcro della vita agreste,
realizzata con il lapideo locale ” il mattone” nella varietà del
Sestino o della Pianella, rifinita sui bordi e collegata alla strada con il
Serizzo.
E in fine la chiesa,
la villa
nobiliare
o il pubblico palazzo dove "il
lapideo" simbolo dell’immutabile e del potere, è sostituito dal mattone
intonacato che si insinua e si traveste da pietra locale, nella teatralità
di una presenza che emergendo dalla terra fa sorgere quel teatro che
gli antichi ricavavano dai colli di pietra, nel ricordare che è
anch'essa l'essenza e il potere di una piana che i monti di pietra li guarda
senza invidia all'orizzonte.